LA CHLAMYDIA TRACHOMATIS, IL PEGGIOR NEMICO DELLA FERTILITA’ FEMMINILE5 min read
Reading Time: 4 minutesLe infezioni trasmesse sessualmente (IST) hanno un enorme impatto sulle comunità; sono associate alla morbilità e alla mortalità degli individui e anche all’aumento della spesa sanitaria pubblica a causa del loro effetto diretto sulla fertilità, sul processo di gravidanza e sulla carcinogenesi. L’infezione da clamidia è una delle malattie sessualmente trasmesse curabili più comuni in tutto il mondo, causata da Chlamydia trachomatis. La Chlamydia Trachomatis è un battere gram-negativo, parassita intracellulare obbligato appartenente alla famiglia Chlamydiaceae, che può avere un potenziale infettivo specifico per le cellule epiteliali del tratto riproduttivo maschile e femminile. Le infezioni da Chlamydia trachomatis rappresentano, a livello globale, l’infezione a trasmissione sessuale più diffusa causata da batteri, con 131 milioni di nuovi casi all’anno. Nei casi sintomatici, gli uomini possono presentare uretrite o, meno comunemente, epididimite mentre le donne, oltre a perdite vaginali giallastre, sanguinamento spontaneo, dolore durante i rapporti o la minzione e dolore pelvico, possono incorrere nella malattia infiammatoria pelvica (PID). Tuttavia, la maggior parte delle donne e il 50% degli uomini colpiti non presentano molti sintomi clinici identificabili, poiché l’infezione passa inosservata. Purtroppo, è caratterizzata da un’elevata percentuale di infezioni asintomatiche, fino al 70% nelle donne. Per questi motivi, la maggior parte degli individui infetti non cerca cure, non solo mettendo a rischio la salute dei propri partner sessuali, ma anche peggiorando le loro condizioni, poiché la presenza persistente dell’agente patogeno evoca una risposta immunitaria cronica, portando ad una maggiore produzione di mediatori immunitari genitali, come l’interleuchina IL-6 e l’interferone gamma, che aumenta il numero di cellule epiteliali distrutte. Questo processo è molto pericoloso soprattutto per il versante femminile, poiché le manifestazioni e le conseguenze sono più dannose per la loro salute riproduttiva rispetto a quella dell’uomo. Nelle donne, la CT può ascendere dal tratto genitale inferiore e quindi colpire l’utero dando cervicite ed endometrite, le ovaie e le tube di Falloppio causando salpingite, cicactrici e occlusioni, oltre che provocando la malattia infiammatoria pelvica. In letteratura si evince che circa il 20% delle donne con infezione da Chlamydia del tratto genitale inferiore svilupperà la PID, quasi il 100% svilupperà dolore pelvico cronico, il 2% vivrà esiti avversi della gravidanza (anomalie cromosomiche, aborti spontanei, malformazioni congenite e feto morto) ed il 3% infertilità, probabilmente dovuta alla formazione di cicatrici e all’occlusione delle tube di Falloppio, il cui danno tubulare associato all’infezione da chlamydia è dovuto principalmente alla persistenza di tali infezioni piuttosto che a singoli episodi acuti. Non è ancora stato raggiunto un consenso tra i medici sull’argomento, ma un recente revisione sistematica della letteratura sottolinea che esiste un’importante associazione tra pregressa infezione da Chlamydia e infertilità femminile. L’evidenza di un danno tubarico è altamente indicativa di una ridotta fertilità come conseguenza secondaria di questa infezione parassitaria, ma sono necessari ulteriori studi sulle possibili cause molecolari. La malattia infiammatoria pelvica è una condizione cronica che porta allo sviluppo di tessuto fibrotico e sindrome aderenziale, comportando diversi esiti avversi sulla salute riproduttiva, tra cui gravidanza ectopica e infertilità. Nonostante vi siano ancora risultati controversi sulle complicanze riproduttive dovute all’infezione, la PID da chlamydia rimane la più importante causa prevenibile di infertilità e di esiti avversi sulla salute riproduttiva. Per quanto riguarda il trattamento dell’infezione, come tale si base sull’utilizzo della terapia antibiotica. La Chlamydia Trachomatis risponde all’utilizzo di antibiotici elencati nelle linee guida della British Association for Sexual Health e HIV, quali le tetracicline (doxicilina, minociclina), i macrolidi come l’azitromicina, claritromicina o l’eritromicina, altri appartenenti ad altre classi come la clindamicina, l’ofloxacina, amoxicillina. In generale, nei casi di infezione genitale non complicata, le linee guida evidenziano che la doxiciclina è il trattamento con maggiore efficacia e deve essere utilizzata come terapia di prima linea, le altre sono opzioni alternative da utilizzare in caso di controindicazione al farmaco, resistenza o altri motivi. Tra le scelte in prima linea rientra anche l’azitromicina, la cui attività antibiotica garantisce il blocco della crescita batterica grazie alla sua affinità per i ribosomi batterici, inoltre ha un effetto immunomodulatore che controlla il processo infiammatorio. La doxiciclina invece fa parte della classe degli antibiotici tetraciclinici, che mostrano attività biologica contro i batteri attraverso l’inibizione della sintesi proteica. Come per tutte le infezioni suscettibili di terapia antibiotica, anche per l’infezione da Chlamydia trachomatis esiste il rischio di resistenza ai farmaci e di reinfezione. In questo scenario, è urgente compiere progressi nello sviluppo di armi terapeutiche contro l’infezione e sarebbe ragionevole rendere lo screening di ricerca della Chlamydia tramite tamponi vagino-cervicali parte della routine di indagine sull’infertilità, nonostante ad oggi i metodi di rilevazione dell’agente batterico diano ancora dei falsi negativi. In futuro, infatti, la chiave per il controllo dell’infezione da CT dovrà concentrarsi sull’intervento di sanità pubblica attraverso lo screening della popolazione di individui asintomatici per evitare la trasmissione dell’infezione e trattare adeguatamente le pazienti in modo tempestivo e, perché no, concentrarsi sullo sviluppo di un vaccino.
Riferimenti
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