“UTERO a T”: facciamo chiarezza4 min read
Reading Time: 3 minutesL’utero a T è stato descritto per la prima volta, sulla base dei risultati dell’isterosalpingografia, come un’anomalia uterina congenita correlata al dietilstilbestrolo (DES), con la forma della cavità uterina che ricorda la lettera ‘T’. Considerando l’eziologia e la morfologia correlate al DES, l’utero a T è stato raggruppato dalla classificazione dell’American Fertility Society in una classe separata di anomalie, senza una definizione rigorosa o criteri morfometrici. Tuttavia, anche in seguito al ritiro del DES nel 1971, l’utero a forma di T continua a essere identificato anche se più raramente. L’utero a T può essere di origine primaria o secondario alla sindrome aderenziale intrauterina, tubercolosi o adenomiosi.
Nel 2013, la Società Europea di Riproduzione Umana ed Embriologia/Società Europea di Endoscopia Ginecologica (ESHRE-ESGE) ha pubblicato delle linee guida in cui l’utero a T veniva definito soggettivamente come una cavità uterina stretta a causa delle pareti laterali ispessite. Non specificava criteri oggettivi con cui diagnosticarlo né spiegava come dovrebbero essere eseguite le misurazioni uterine. Le recenti definizioni ufficiali dell’American Society for Reproductive Medicine (ASRM) riguardano solo l’utero normale/arcuato, settato e bicorne. Fino ad ora, non sono stati descritti criteri oggettivi e misurabili per identificare l’utero a T, e questo rappresenta un ostacolo considerevole alla raccolta di prove sulla sua prevalenza, sulle sue implicazioni cliniche e sulla gestione ottimale di questa morfologia. La Congenital Uterine Malformation by Experts (CUME) ha studiato tre misurazioni ecografiche intese come cut-off: profondità di indentazione interna laterale ≥ 7 mm, angolo di indentazione laterale ≤ 130° e angolo T ≤ 40. In assenza di altre anomalie, suggeriscono di considerare un utero normale quando non è soddisfatto nessuno o solo un criterio, borderline quando sono soddisfatti due criteri e a forma di T quando sono soddisfatti tutti e tre i criteri. Questi tre criteri CUME per definire l’utero a T possono aiutare nella determinazione della sua prevalenza, delle implicazioni cliniche e della migliore gestione e nella valutazione dell’esito morfologico post-chirurgico.
La diagnosi di utero a T rimane comunque non semplice; Nel XX secolo, la diagnosi di utero dismorfico a forma di T veniva effettuata mediante isterosalpingografia ed ecografia bidimensionale. Poiché le modalità di imaging sono ora migliorate, con un uso crescente dell’ecografia 3D in ginecologia e medicina riproduttiva, i tassi di rilevamento e di diagnosi dell’utero a T/dismorfico sono aumentati. Poiché la tecnologia 3D continua a diventare più accessibile e sempre più operatori diventano esperti nel suo utilizzo, gli ultrasuoni possono sostituire la risonanza magnetica come nuovo gold standard di imaging di riferimento nella diagnosi delle anomalie Mulleriane.
L’importanza di una corretta diagnosi dell’utero a T è legata all’impatto che tale malformazione potrebbe avere sulla fertilità femminile. Anche se, ad oggi, la prevalenza non sembra essere così elevata, la fertilità della donna risulta essere in qualche modo compromessa da questo dismorfismo uterino. Correggere la morfologia uterina anormala potrebbe essere l’obiettivo principale per ottimizzare i risultati riproduttivi. Ad oggi, la correzione isteroscopica dell’utero a T può essere presa in considerazione in pazienti con infertilità, poliabortività o ripetuti fallimenti delle tecniche di fecondazione in vitro. La metroplastica isteroscopica è una procedura semplice, sicura e relativamente rapida con i vantaggi di un tempo operatorio più breve, una breve degenza ospedaliera e una ridotta incidenza di complicanze rispetto alla precedente tecnica laparotomica. È noto che la subfertilità e le complicanze ostetriche sono più comuni nelle donne con utero dismorfico rispetto a quelle con cavità uterina normale. Nonostante l’assenza di grandi studi randomizzati e controllati, recenti dati in letteratura sembrano però riscontrare migliori risultati riproduttivi dopo l’intervento, configurando la metroplastica isteroscopica come un intervento efficace per le pazienti con utero a T con intenzione di fertilità. La gravidanza spontanea e i tassi di gravidanza a termine dopo l’intervento chirurgico si sono rivelati promettenti in queste anomalie uterine.
È necessario un database centralizzato nazionale/europeo per la registrazione delle donne con anomalie uterine a forma di T in modo da poter ottenere risultati significativi, per comprendere il reale impatto dell’utero a T sulla vita riproduttiva delle donne e la sua effettiva prevalenza nella popolazione delle donne infertili. Ciò aiuterà anche a definire criteri diagnostici chiari, indicazioni, tecniche chirurgiche e il follow-up dei risultati riproduttivi dopo la procedura.
Riferimenti
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